San Godenzo

SAN GODENZO

Immerso in uno scenario naturalistico rimasto intatto nei secoli, il paese ha un ruolo determinante all’inizio dell’esilio di Dante; dopo la condanna definitiva emessa dal Podestà di Firenze, il Poeta non si arrese all’idea di poter far rientro a Firenze e l’8 giugno 1302 prese parte ad un convegno nell’Abbazia del paese insieme agli altri Guelfi bianchi fuoriusciti e i capi del partito Ghibellino, a cui appartenevano molte antiche famiglie feudali, tra cui i Guidi e gli Ubaldini. I nomi dei partecipanti, -tra cui l’Alighieri-, sono riportati nel documento redatto dal notaio Ser Giovanni Buto d’Ampinana, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze. Scopo dell’incontro fu garantire economicamente i feudatari del Mugello, qualora avessero subito un attacco da parte di Firenze.
Come narrano le cronache, la guerra che ne seguì portò in effetti danni ingenti agli Ubaldini nel loro feudo, soprattutto nella valle del Santerno, dove più tardi Firenze fonderà Firenzuola: “La parte nera passò l’alpe; ville e castella arsono; e furono nel Santerno, nell’Orto degli Ubaldini, e arsollo” (Dino Compagni, Cronica, II, 29).
Dopo alterne vicende, nella seconda metà del Trecento tutte le loro proprietà passeranno a Firenze, così come quelle dei Conti Guidi, San Godenzo compreso, come dall’atto rogato il 23 giugno 1344 ancora nell’Abbazia di San Gaudenzio. L’imponente edificio si affaccia in posizione dominante e scenografica al centro del borgo; a ricordo del convegno del 1302 è nata nel 1991 la rievocazione storica “Dante Ghibellino” ed al Poeta è stata dedicata la piazza antistante la chiesa.

In occasione del seicentenario della morte del Poeta (1321-1921) l’edificio è stato oggetto di importanti restauri, che tuttavia ne hanno lasciato intatto l’aspetto romanico; la facciata è in filaretto di pietra di cava, come gran parte della struttura; l’interno è a tre navate e simile alla cattedrale di Fiesole e San Miniato al Monte. Nel coro è il polittico di Bernardo Daddi, allievo di Giotto, raffigurante la Madonna e Quattro Santi, datato 1333 e donato dalle Gallerie Fiorentine in occasione del grande restauro effettuato dall’architetto Cerpi nel 1920-21, durante il quale venne rifatta la balaustra in pietra decorata da 36 formelle di marmo intarsiata.
Al di sotto è la vasta cripta, probabilmente nucleo originario dell’edificio, coperta da volte a crociera sorrette da colonnine con capitelli fogliati e a volute. Sotto l’altare riposa San Gaudenzio, vissuto come eremita su queste montagne nel V secolo; si narra che quando morì, i buoi che trainavano il carro con le sue spoglie si sarebbero fermati in questo luogo e rifiutati di proseguire. Sulla sua tomba venne costruita una chiesetta e quindi la prima Abbazia nel 1028 per volontà del Vescovo Jacopo il Bavaro. Nel 1070 il vescovo Trasmondo ricostruì e consacrò nuovamente l’edificio, affidandolo ai Benedettini, dai quali passò nel 1482 ai Serviti della SS. Annunziata di Firenze fino al 1808, quando l’ordine venne soppresso dai francesi.
Tra le opere d’arte all’interno anche un’Annunciazione riferita al Franciabigio (XVI sec.) e una statua lignea di San Sebastiano di Baccio da Montelupo (1506) e altre opere conservate nella canonica.
Negli anni Venti sopra l’ingresso principale è stata posta una lunetta a mosaico, opera di Giuseppe Cassioli, celebre pittore e scultore fiorentino, autore anche del mosaico absidale a tema dantesco. Nella sagrestia è la “Campana di Dante” inaugurata in occasione del nono centenario dell’Abbazia, finemente cesellata con immagini allegoriche.
Oggi la chiesa, dopo aver riottenuto nel 1922 il titolo di Abbazia, si trova come in origine sotto il vescovo di Fiesole. Nel 1944 il paese si trovò lungo la Linea Gotica e venne in gran parte distrutto dai tedeschi, ma chiesa e monastero furono risparmiati per intercessione del parroco, in considerazione dell’origine germanica del vescovo Jacopo il Bavaro.

Foto Comune San Godenzo e Sara Fabbri