PULICCIANO E DINTORNI DI BORGO SAN LORENZO
PULICCIANO si trova a pochi chilometri da Borgo San Lorenzo lungo la via Faentina verso la Romagna sull’alto di un colle, che in epoca romana fu un castrum fortificato, del quale restano resti di mura presso il cimitero e una cisterna sotto il sagrato della Chiesa. Nel Medioevo la Contessa Matilde di Canossa fece erigere un castello, che più tardi appartenne agli Ubaldini e fu teatro di una feroce battaglia. L’evento ebbe luogo il 12 marzo 1303, come recita un’iscrizione sull’esterno della Chiesa di Santa Maria, che fu cappella del castello: “Questa Rocca avvezza per più secoli ad assedi e battaglie – oggi nel secentenario della morte di Dante fra i resti delle mura accoglie il ricordo dell’assalto e della fuga di Scarpetta degli Ordelaffi con i fuoriusciti fiorentini e delle aspre vendetta di Fulcieri de’Calboli nel marzo del 1303 lieta dello scampo di Dante ed ora per auguri di pace guatò gli abitanti del suo Pulicciano e di Ronta 1321-1921”.
La vicenda venne narrata dai maggiori cronisti del tempo, grazie ai quali sappiamo che Scarpetta degli Ordelaffi mosse dal castello di Montaccianico verso Pulicciano alla testa di un esercito composto dai Guelfi Bianchi esiliati e dai Ghibellini, tra cui gli Ubaldini, che volevano riconquistare il loro castello, caduto in mani fiorentine dal 1260. L’Ordelaffi, Signore di Forlì la cui fede ghibellina era stata ribadita anche dal matrimonio con Chiara Ubaldini da Susinana, aveva accolto e protetto Dante nei primi anni dell’esilio, divenuto suo Segretario.
Guidava le truppe fiorentine il podestà Fulcieri da Calboli (… – 1340), esperto uomo d’arme; anch’egli forlivese e storico nemico degli Ordelaffi anche in Romagna.
La battaglia si concluse con una schiacciante vittoria fiorentina; Fulcieri strinse i nemici che avevano posto l’assedio al castello sconfiggendoli; nella fuga più di 500 nemici sconfitti vennero uccisi, presi, torturati e condannati a morte. Scarpetta e gli altri riuscirono invece, come narrano i cronisti, a rifuguiarsi di nuovo a Montaccianico.
La vittoria di Fulcieri ebbe notevole risonanza e importanza politica; fu infatti celebrata da un affresco in Palazzo Vecchio, realizzato dal pittore Grifo di Tancredi (esponente dei cosiddetti protogiotteschi fiorentini), pagato il 30 settembre del 1303 “pro parte laborerii pitturarum quas fecit et facit in palatio Comunis Florentini de facto Pulliciani”.
Dante aveva già avuto passate esperienze di combattimento (a Caprona e a Campaldino) e non è da escludere che possa aver preso parte allo scontro, dato anche il vivido commento dell’evento nel Purgatorio nel dialogo con Guido del Duca, che paragona il virtuoso Rinieri da Calboli, zio di Fulcieri, al sanguinario nipote (Pur. XIV, vv. 58-66): «Io veggio tuo nepote che diventa/cacciator di quei lupi in su la riva/del fiero fiume, e tutti li sgomenta./Vende la carne loro essendo viva;/poscia li ancide come antica belva;/molti di vita e sé di pregio priva./Sanguinoso esce de la trista selva;/lasciala tal, che di qui a mille anni/ne lo stato primaio non si rinselva.»
Le notizie sui primi anni di esilio di Dante sono però incerte e il 18 giugno del 1303 il suo nome non è tra i firmatari dell’atto d’obbligazione a pagare i mercenari della guerra del Mugello, per cui è probabile che fosse già andato a Verona dai Della Scala.
La battaglia di Castel Pulicciano fu il secondo tentativo dei fuoriusciti per rientrare a Firenze: nel 1302, dopo il convegno di San Godenzo campo di battaglia furono Borgo San Lorenzo e Luco. Nel 1303 Scarpetta degli Ordelaffi entrò inizialmente in possesso di Borgo San Lorenzo, legato a Firenze; seguirono la battaglia della Lastra (1304) e nel 1306 l’assedio e la resa di Montaccianico, venduto ai fiorentini.
Dopo gli sfortunati tentativi, Dante preferirà vivere l’esilio lontano dalla “compagnia malvagia e scempia” con la quale era stato esiliato; l’avo cavaliere Cacciaguida (Par. XVII vv. 46-69) consiglia infatti a Dante “ch’a te fia bello/averti fatta parte per te stesso” cioè esserti allontanato da loro.
STRIANO
Nelle vicinanze di Pulicciano si trova la Villa di Striano, già presidio romano (Histrianum) e poi degli Ubaldini ancora nel 1290, in forma di due torri fortificate. Alla fine dell’Ottocento il pittore fiorentino Michele Gordigiani vi ospitò personaggi quali Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Arturo Toscanini e Guglielmo Marconi.
RONTA
Proseguendo verso la Romagna, subito dopo Pulicciano inizia Ronta, luogo di villeggiatura ai piedi degli Appennini, raggiungibile con il Treno di Dante.
Di origine etrusca, come testimoniano il toponimo “Arnta” e i ritrovamenti archeologici dei secoli scorsi (un idoletto di bronzo, urne in terra cotta, lucerne e iscrizioni, resti di mura), nel I secolo a.C. Ronta venne attraversata dalla via Faventina, importante direttrice commerciale da Florentia a Faventia; vi sorse quindi un tempio dedicato a Marte, sopra il quale fu poi costruita la Chiesa Vecchia dedicata a San Michele, santo-guerriero.
Documentata dal 1223, la Chiesa è sicuramente molto più antica; a croce latina, ha uno slanciato campanile romanico. La nuova chiesa di San Michele, ricostruita nel Settecento da Cosimo III dei Medici sull’antica Badia vallombrosana, conserva una Madonna attribuita al fiorentino Lorenzo Lippi e un Crocifisso ligneo ritenuto miracoloso, già nella Chiesa Vecchia.
Negli anni Venti del Novecento a Ronta fu aperto un stabilimento idroterapico e fu impreziosita da dimore di pregio, tra cui Casa Mercatali, un villino decorato da un fregio in ceramica della Manifattura Chini, e le antiche Ville Sacchetti, Gerini e Pananti Moretti.
MADONNA DEI TRE FIUMI
Il Santuario dedicato alla Vergine risale al 1578 ed è stato ampliato nel Settecento. All’oratorio era annesso un ospizio per pellegrini connesso con quello dell’Oratorio di Quadalto, nel Comune di Palazzuolo sul Senio. Di fronte al Santuario è l’antico Mulino Mulino Margheri dell’845 d.C., che da oltre mille anni lavora senza energia elettrica sfruttando l’acqua del torrente e l’antica macina di pietra.
Foto Sara Fabbri