DANTE NEL MUGELLO E NELLA ROMAGNA TOSCANA

Firenze 10 marzo 1302: “Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”.
(Libro del chiodo – Archivio di Stato di Firenze)

Da quella data, come scrive il Boccaccio, “Lasciati adunque la moglie e i piccoli figliuoli nelle mani della fortuna, et uscito di quella città, nella qual mai tornare non doveva”, ha inizio l’esilio del Poeta.
Dante si dirige a nord di Firenze; si ha infatti notizia che l’8 giugno dello stesso anno nell’Abbazia di San Godenzo, il Poeta e sedici fiorentini s’impegnano a risarcire gli Ubaldini – potente famiglia che da lungo tempo domina il Mugello e controlla i due versanti appenninici che collegano Firenze con Bologna- di ogni danneggiamento che potesse derivare ai loro beni da una guerra, che si prevedeva lunga e costosa, contro i guelfi Neri che avevano il controllo politico della città toscana. Testimone l’atto conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, rogato dal notaio Ser Giovanni Buto da Ampinana (località nei pressi di Vicchio.
In questi primi anni d’esilio Dante non si allontana eccessivamente dalla sua patria poiché spera di rientrare a Firenze; in questo periodo è ospite degli Ordelaffi di Forlì e probabilmente dei loro alleati, i potenti feudatari del Mugello, gli Ubaldini, citati in numerosi passi della Commedia, tra cui il famosissimo canto XXXIII, a proposito del Conte Ugolino condannato per l’Eternità insieme all’Arcivescovo Ruggieri Ubaldini.
Tra le numerose rocche e castelli a controllo di entrambi i versanti dell’Appennino Tosco-Romagnolo, il principale ed inespugnabile è Montaccianico nei pressi di Sant’Agata, lungo la principale via di comunicazione verso Nord.

Come narra lo storico fiorentino Dino Compagni nella sua Cronica, da Montaccianico parte nel marzo 1303 la spedizione guidata da Scarpetta degli Ordelaffi, Capitano della coalizione dei Ghibellini e Guelfi Bianchi verso Pulicciano, castello degli Ubaldini divenuto avamposto fiorentino a poca distanza da Borgo San Lorenzo sull’importante via di comunicazione tra il Mugello e Faenza. Dell’evento narra anche Giovanni Villani (1280-1348) nella sua Nuova Cronica.
Sconfitti e messi in fuga dal Podestà di Firenze, Fulcieri da Calboli (scritto nel Purgatorio da Dante come “cacciator” di carne umana), Scarpetta e i suoi alleati “rifugirno in Monte Accenico”, per poi tornare oltre l’Appennino.
Gli scontri tra gli Ubaldini e gli alleati Ghibellini e esuli fiorentini contro la città di Firenze si prolungano ad alterne vicende fino al 1306, quando i Neri fiorentini decidono di assediare la fortezza di Montaccianico che alla fine del mese di agosto viene rasa al suolo, “che non vi rimase casa ne’ pietra sopra pietra”.

Non sappiamo se Dante abbia preso parte in prima persona agli scontri di Pulicciano e Montaccianico, anche se prima d’essere poeta fu uomo d’arme. Certo è che frequentò, nei primi anni dell’esilio, quella parte di territorio che comprende il Mugello e la confinante Romagna, rimanendo colpito dalla bellezza dei luoghi; come non ricordare a tal proposito il canto XVI dell’Inferno, che ha reso famosa l’affascinante cascata dell’Acquacheta.
Ma i rapporti del poeta con questo lembo di terra appenninica sono datati anche precedentemente al 1302; Dante infatti conosceva Maghinardo Pagani da Susinana, (Palazzuolo Sul Senio, ante 1243-1302), che con lui prese parte nelle fila dello schieramento guelfo alla celebre Battaglia di Campaldino l’11 giugno 1289.
Potente e ambizioso feudatario delle tre vallate appenniniche dei fiumi Lamone, Senio e Santerno, Maghinardo fonda Brisighella, diventa Capitano del Popolo e Podestà di Faenza e Imola, Capitano del Popolo di Forlì e controlla numerosi castelli in punti strategici.

Il poeta colloca all’Inferno Maghinardo per aver poi tenuto il “piede in due scarpe” ed essersi alleato con i guelfi in Toscana e con i ghibellini in Romagna, e nel Purgatorio profetizza la morte del “dimonio” dei Pagani, avvenuta nell’agosto del 1302.
Dante è inoltre coetaneo e concittadino di Giotto (1267-1337), il grande artista nato nel Mugello a Vespignano (Vicchio); la tradizione li vuole amici ma, anche se non ci furono incontri, sicuramente si stimavano. Infatti nell’XI canto del Purgatorio, Dante scrive: “Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, e ora Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura..”.
Negli affreschi della Cappella Scrovegni di Padova, tra le schiere dei beati, Dante viene dipinto alle spalle dell’autoritratto di Giotto, e dopo la morte di Dante, Giotto e la sua scuola raffigurano il Poeta nell’affresco del Giudizio Universale nel Palazzo del Bargello a Firenze.