MARRADI
Pittoresco Comune dell’Alto Mugello sul versante romagnolo dell’Appennino, è famoso per aver dato i natali al poeta visionario Dino Campana (1885-1932) e per il prelibato Marrone, posto lungo l’antica via di comunicazione che dalla Toscana giungeva verso la Romagna. Dal 1893 Marradi si raggiunge con il treno di Dante, e nelle domeniche di ottobre -in occasione dell’annuale Sagra delle Castagne-, anche in treno a vapore, ammirando il foliage dei boschi attraversati dalla ferrovia panoramica.
Sul toponimo esiste una curiosa leggenda legata al Sommo Poeta e ai primi anni del suo esilio, secondo la quale nel momento in cui l’Alighieri denunciò il furto del suo cavallo con il quale stava fuggendo da Firenze, gli venne obbiettato che gli abitanti del luogo erano tutti galantuomini. Al che, Dante rispose con un arguto gioco di parole: “Sì, ma-radi!”. Secondo altri avrebbe esclamato: “Marradi, piantan fagioli e nascon ladri”.
Le origini di Marradi sono in realtà molto più antiche dei divertenti aneddoti danteschi; in questa terra vissero i Liguri, gli Etruschi e i Celti prima della conquista romana, in seguito alla quale venne costruita intorno al 59 a.C. la strada di collegamento tra Faenza e Firenze. Marradi divenne così “castello”, luogo di sosta e di ristoro per i viandanti; al tramonto dell’Impero arrivarono i Goti e i Longobardi, alla cui dominazione si deve la fondazione originale della Rocca di Castiglionchio, che ancora domina il paese dall’alto ed attrae appassionati ed escursionisti. Numerosissimi toponimi nella zona ricordano la dominazione longobarda: wahtha (Gattara) cioè un posto di osservazione per evitare sorprese e una Scola (è il nome antico di Sant’ Adriano) da skult o sculca, luogo militare di vigilanza, e molti altri.
Durante il feudalesimo il territorio e vide la fondazione di numerose abbazie e fu dominio dei Conti Guidi di Modigliana (1164-1312), ghibellini per tradizione; alla morte del Conte Guido Guerra V, i vasti possedimenti della famiglia vennero divisi tra i figli di lui: Modigliana e l’alta valle del Lamone toccarono a Guido Guerra VI e al suo fratello minore Simone da Battifolle toccò il Casentino e il Mugello, da Vicchio fino alla Colla di Casaglia. Nel 1289, – l’anno della Battaglia di Campaldino-, Simone Guidi da Battifolle impose una gabella a chi transitava per il Passo della Colla e fece togliere un occhio come exemplum al castellano di Molezzano e Gattaia, che si era ribellato.
Di fronte a tale angheria il Comune di Firenze reagì comprando il territorio di Casaglia, fondando una sorta di “terra nova” -come Scarperia e Firenzuola e assegnò le terre a cinquanta famiglie fiorentine, con il compito di difendere i luoghi dalle masnade di Simone da Battifolle.
Una curiosità: nel 1310 fu Guido da Battifolle, figlio di Simone, ad ospitare per quasi un anno nel Castello di Poppi l’esiliato Dante Alighieri. Si dice che il Sommo Poeta abbia composto in questo periodo il XXXIII Canto dell’Inferno in riconoscenza dell’ospitalità ricevuta e per cordoglio alla moglie di Guido, Madonna Gherardesca della Gherardesca, figlia del Conte Ugolino, condannato a morte da Ruggeri degli Ubaldini.
Nel 1358 nei pressi di Marradi si consumò la famosa battaglia delle Scalelle, raffigurata in una tela del pittore marradese Lanfranco Raparo (1934-2005); lo scontro vide da un lato la compagnia di ventura del Conte Lando (Corrado di Wurttenberg conte di Landau), dall’altro i Marradesi, risolvendosi a favore di questi ultimi, lodati dal Machiavelli come “armigeri e fedeli” alla Patria Toscana.
Il territorio di Marradi, lungamente conteso tra i Guidi e i Manfredi di Faenza, passò infine a questi ultimi, che governarono il territorio fino al 1428. Alcuni di loro preferirono venire a patti con Firenze, come Amerigo, che preferì patteggiare con Firenze, a cui cedette il castello di Bocconi, San Benedetto e Portico, in cambio di protezione e del controllo su Marradi e della via del grano e del sale.
Altri, come suo nonno materno Maghinardo Novello, l’ultimo degli Ubaldini di Palazzuolo, si misero in aperto conflitto con Firenze, pagandone le conseguenze: dopo aver fomentato una rivolta a Susinana, venne arrestato e decapitato a Firenze nel 1373 davanti al Bargello.
Anche il figlio di Amerigo, Ludovico, si ribellò e venne imprigionato a vita nel Carcere delle Stinche; era il 1428 e a Marradi arrivarono le milizie del Comune di Firenze comandate da Averardo de’ Medici, per snidare definitivamente i fratelli di Ludovico dal Castellone. L’assediò durò un mese ed ebbe successo. I Manfredi del ramo marradese furono esiliati e si perse di loro ogni traccia.
Nel 1428 alla Signoria dei Manfredi si sostituì dunque quella di Firenze; risale a questo periodo l’istituzione del mercato settimanale del lunedì mattina.
Con Pietro Leopoldo di Lorena vennero intraprese grandi opere pubbliche -la costruzione del teatro degli Animosi, la ricostruzione della chiesa di San Lorenzo e un nuovo ospedale-; alla metà del XIX secolo risale la costruzione della nuova via Faentina da Faenza a Firenze, alla quale nel 1893 fu affiancata la ferrovia.
Oggi, passeggiando tra le dimore signorili del centro storico si incontrano l’antico Palazzo Torriani, eretto sui resti di una torre pre-romana e oggi restaurato e trasformato in residenza d’epoca, contenente opere di Galileo Chini e Silvestro Lega; il settecentesco Teatro degli Animosi, Piazza Le Scalelle su cui si affacciano il Palazzo Comunale con l’arioso loggiato, il seicentesco Palazzo Fabroni e la Chiesa del Suffragio. Entrando nella Chiesa di San Lorenzo si potranno ammirare le opere del Maestro di Marradi, contemporaneo e vicino allo stile di Domenico Ghirlandaio.
Nella Commedia Dante non cita mai direttamente Marradi, ma numerosi luoghi e personaggi famosi che dominavano la zona circostante: all’Inferno tra i sodomiti è Guido Guerra V conte di Modigliana, protagonista alla battaglia di Benevento nel 1266, che “Nepote fu della buona Gualdrada […] fece col senno assai e con la spada” (Inf. XVI, vv. 37-40).
Presente sia nella Cantica dell’Inferno che del Purgatorio (Inf. XXVII, vv. 49-51; Purg. XIV, vv. 118-120) è Maghinardo, “’l demonio” dei Pagani, Signore “delle città di Lamone e di Santerno”, a cui contrappone il prudente e valoroso Ugolino de’Fantolini (Purg. XIV, vv. 121), Signore di Cerfugnano (o Zerfugnano), nei pressi di Zattaglia.
Pochi versi prima (Purg. XIV, vv. 104-105, 116) nomina sia Ugolin d’Azzo degli Ubaldini che i Malvicini di Bagnacavallo, la cui ultima discendente, Caterina, sposò Guido Novello da Polenta, Signore di Ravenna presso cui Dante fu ospite e morì di febbri malariche il 21 settembre 1321.
BIFORCO
Provenenendo in auto o in treno da Firenze, subito prima di Marradi si incontra Biforco, da dove un’antica via medievale conduce a CASTELLONCHIO (IL CASTELLONE), antichissimo maniero recentemente restaurato che domina scenograficamente la valle. La passeggiata al Castellone è un classico per i marradesi e una facile escursione per tutti. Le prime notizie del castello risalgono all’anno 759; il 30 aprile del 1279 venne danneggiato da un forte terremoto (epicentro Rocca S. Casciano, magnitudo 5,55 scala Richter); tra le macerie del castello morirono molte persone, tra cui Bonifacio Pagani detto Bambo, cugino in secondo grado di Maghinardo Pagani, a cui apparteneva il fortilizio, che data la posizione aveva un preminente ruolo difensivo. Venuto in possesso dei Manfredi e poi di Firenze, attraversò un periodo di abbandono.
Infine, alla metà del Cinquecento Castiglionchio viene restaurato dal Buontalenti per Cosimo I dei Medici sotto la minaccia di guerra tra l’Imperatore (alleato del Duca di Toscana) e il Papa (alleato del Re di Francia), assumendo per un breve periodo un ruolo di primaria importanza nella difesa dei confini del Ducato, per essere di nuovo abbandonato nel 1590.
Il Castellone è stato oggetto di recupero nei primi anni Duemila ed è possibile camminare fino alla sommità del colle e ammirare i resti del Mastio e la magnifica visuale su tutta la valle.
Nell’Alto Medioevo una leggendaria comunità di eremiti viveva nelle grotte delle valli del Rio Campigno e del fiume Lamone, che si incontrano nel luogo denominato appunto Biforco alle porte di Marradi, (toponimo presente anche a San Benedetto in Alpe). Narra infatti San Damiamo che il fondatore dell’ordine camaldolese, San Romualdo, nei suoi viaggi venne ospitato qui dall’eremita Pietro da Biforco, suo seguace, uomo di grande rigore morale: “nativo di quel contorno; e fabbricossi in Biforco una piccola celletta larga quattro braccia ad imitazione di quella antica di S.Ilarione. Quivi menando una vita eremitica e solitaria era da tutti tenuto e stimato per uomo grave e da bene. Era d’un incredibile astinenza facendosi soltanto di pochi legumi tramontato il sole …”. A Biforco fu un antico castello, che seguì sempre le sorti della Rocca di Castiglionchio, con cui era in comunicazione. La Rocca di Biforco era detta il Castellaccio, del quale resta il toponimo (via del Castellaccio) ed era ubicata all’imboccatura dei torrenti di Valbura e di Campigno; esisteva dunque un Biforco di Sopra, e una sottostante borgata lungo l’attuale strada provinciale per Faenza, Biforco di sotto. Il Prof. Giovanni Cavina in “Antichi fortilizi di Romagna” lo dice appartenente ai Conti Guidi di Battifolle e di Modigliana, grazie ai privilegi concessi a questa famiglia dagli Imperatori Arrigo IV e Federigo II. Nel 1371 “Castrum seu Rocha Bifurchi” era posseduto dal Conte Guidone di Battifolle.
CRESPINO SUL LAMONE
Per visitare Crespino si scende alla stazione del treno di Dante e si raggiunge in pochi minuti il centro antico del paese. Piacevole luogo di villeggiatura lungo la via del Marrone e famoso per la qualità delle sue acque, Crespino è luogo di partenza per numerose escursioni in Appennino e nel monumentale Castagneto di Pigara. La Badia vallombrosana di S. Maria Nascente di Crespino, già documentata nel 1097, nell’inverno del 1154 offrì ospitalità al Duca di Baviera e cugino dell’Imperatore Federico Barbarossa, sceso in Italia a guerreggiare contro i Liberi Comuni ribelli. Appartiene alla chiesa un’interessante tavola frammentaria con la “Madonna col Bambino in trono e due angeli” (1345 ca) attribuita a Jacopo del Casentino, artista influenzato dalla pittura di Giotto.
Photo credits: Archivio Unione dei Comuni del Mugello; Sara Fabbri